Leggendo “quore”, di Claudio Spinosa
Vige anche una scienza empirica per mezzo di cui i papabili seguaci attivano un principio tanto corporeo quanto passionale, stando a degli oggetti che vengono così usati per sviluppare delle alternative, con l’obiettivo di delucidare nuovamente su importanti significati: tutt’altro rispetto alle moderne vicissitudini che quantifichiamo, ma che non qualifichiamo guarda caso, a scapito dell’emotività, a causa delle “innumerevoli” sfumature da cogliere soffermandoci su qualsiasi forma di cultura… quando piuttosto, e il poeta in questione lo ribadisce, il Pensiero lo si può rapportare metodicamente grazie ai cosiddetti alchimisti con della naturalezza che ci lascerebbe esterrefatti, caratterizzando comunque al momento che se ne rilevi l’accezione una sorta di apertura incontrovertibile e continua, col raggiungimento di cime impervie del sapere a rischio dell’equilibrio psicofisico.
“Quando penso non ci sono
e mentre fuggo già ritorno”.
Nel retro di ogni fatto che accade in modo spontaneo, e quindi di ogni emozione da vivere, persiste un motivo di altissimo spessore dacché ne va dell’esistenza sfaccettabile sempre affinché la si evidenzi, che riguarda l’animazione dell’altrove… un qualcosa da concepire con l’alchimia, di essenziale per la storia degl’ideali, potendo appurare un processo d’evoluzione irrefrenabile.
“A che serve lottare quando tutto scompare?”.
Claudio verseggia non tralasciando in fondo l’attuale corso degli eventi, è in grado di abilitarsi comunicando, rispettando gli altri, in possesso di un’anima considerevole, energica e impetuosa alla messa in ballo dei valori, dall’inizio (con l’approfondimento di se stesso) alla fine (con la propensione a socializzare, coinvolto dalla dimensione terrena).
“… decidi tu quando è il caso di sorridere”.
In “Rituale” – la prima lirica di quore, di questa sua nuova raccolta – i versi si riferiscono a un percorso di conoscenza, a un attivismo incrollabile, che effettivamente lo si nota fino a leggere le parole sotto il titolo di “Trucevirgulto” e invocare con lui magari la felicità dei tempi trapassati, per esperienze illuminate flebilmente da una fonte primaria d’energia, dato il gelo emotivo.
I versi di Claudio pulsano entro un termine di paragone figurativo abbastanza impegnato; e spesso frizzano beffardamente, dimodoché il lettore possa perfino aderire all’evoluzione moderna, contemplando senza dare adito a della pesantezza le fragilità generabili dall’imponenza dell’Io, rendendosi complice momentaneo delle ansie di un’umanità delimitabile.
“Il giorno spreca il tempo
senza nulla in cambio
le stelle temporeggiano l’infinito
il vetro schiaccia il volto del bambino…”.
Il poeta vive incentivando sensazioni, dei particolari a prova di destino, con la memoria che sboccia invitando la persona amata a un minimo di reciprocità… nel tempo reale che va manifestato allo scopo di addolcire il domani, anche se in pratica le emozioni traggono origine esclusivamente dalla vecchia parola data con orgoglio.
“Quel che si dice vita
è solo un vanto di antiche promesse
quel che si dice vita
è già un fiore che sboccia nonostante il freddo”.
Non ha senso pregare che si respiri se non si rinasce, e in effetti i piccoli gesti diventano piacevoli solo se veniamo colti da un nuovo inizio, con lo stare insieme a sorprendere dei soggetti al culmine delle proprie solitudini… col pianeta Terra covato dall’individuo, da rianimare tramite esperienze occupabili, in sintonia graduale purché si abbia voglia di crescere.
Il rincretinimento dipende dal desiderio di voltare pagina per nuove scelte, dalla necessità di uscire fuori e oltrepassare il limite della ragione che c’imponiamo inutilmente come se costretti a soffrire; quando piuttosto sarebbe bene stare dietro a dei piaceri dettati dal fatto che le cose cambiano tutt’a un tratto.
“Quando l’ebrezza sfocia nel mistero
la materia si fa complice”.