La pandemia spinge il mercato dei big data nella sanitá
Mai come nell’ultimo anno i dati sono stati i principali protagonisti in tutti i settori socio-economici e in particolar modo all’interno del sistema sanitario. Come riportato da una ricerca pubblicata su Statista, nel 2016 il mercato globale dei Big Data nella sanità era valutato 11.5 miliardi di dollari: secondo le previsioni, complice la pandemia da Coronavirus che ha messo in evidenza la loro importanza nei processi decisionali, si stima che nel 2025 possa raggiungere un valore di 70 miliardi di dollari, con una crescita esponenziale del 568%. L’evolversi dell’emergenza sanitaria ha spinto i governi e le imprese a adottare prodotti e strumenti che potessero tenere monitorato in maniera tempestiva il numero dei contagi e i dati complessivi relativi alla sanità pubblica. Inoltre, l’Italia, come il resto del mondo, ha dovuto affrontare un’altra grande sfida, ovvero l’organizzazione di una campagna di vaccinazione nazionale che potesse garantire il vaccino contro il Covid-19 a tutte le categorie di persone, in modo rapido ed efficace. Affinché queste iniziative diventino realtà, i dati devono poter “viaggiare” tra diverse applicazioni al fine di essere validati, elaborati e analizzati. Ma come è possibile attuare questa strategia? “Dati dettagliati e accurati relativi alla pandemia sono assolutamente necessari per l’implementazione di un processo decisionale veramente informato e consapevole sulla salute pubblica – afferma Stefano Musso, CEO di Primeur, multinazionale italiana leader nel settore della Data Integration – Strumenti informatici flessibili e facili da usare sono fondamentali per garantire una rapida integrazione e diffusione dei dati. L’Italia purtroppo sta affrontando con difficoltà la campagna vaccinale anche a causa di alcune lacune nella digitalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale e nell’organizzazione regionale. Spesso si pensa che una massiccia digitalizzazione e l’adozione di nuove tecnologie, necessarie per erogare i servizi sanitari in modo efficiente e coordinato, passi inevitabilmente per un processo altamente invasivo e costoso. In realtà non è sempre così. Non bisogna sempre concentrarsi sulla dotazione di un nuovo, centrale e totalizzante sistema informatico, ma su come utilizzare al meglio i sistemi localizzati già presenti, permettendogli di comunicare tra loro in maniera automatica e sicura. I dati ci sono, le applicazioni in grado di gestirli verticalmente anche, bisogna però trovare il modo di far “viaggiare” i dati da un sistema all’altro in maniera automatica, controllata e sicura”.
Come ci si sta muovendo fuori dai confini nazionali? La creazione di uno spazio europeo dei dati, che comprenda anche il settore sanitario, è una delle priorità della Commissione per il periodo 2019-2025. Con la pubblicazione della European Strategy for Data, attraverso lo European Health Data Space (EHDS), l’Unione Europea mira a migliorare l’accesso a diversi tipi di dati sanitari e ad agevolare il loro scambio, non solo per sostenere l’erogazione dei servizi sanitari, ma anche a fini di ricerca e di elaborazione di politiche in ambito sanitario. Promuovere lo scambio sicuro dei dati dei pazienti e il controllo dei cittadini e delle autorità rispetto ai dati sanitari, sostenere i servizi sanitari digitali e incoraggiare l’utilizzo dei dati per la ricerca, elaborare linee guida e regole, con un quadro di governance affidabile e il rispetto delle norme sulla protezione dei dati (GDPR), sono solo alcuni degli obiettivi dell’accordo europeo. In particolare la GDPR è e sarà un tema sempre più centrale che ha bisogno di strumenti dedicati. Per garantire qualità e interoperabilità dei dati, la Commissione sostiene infatti la mappatura e l’adesione al modello FAIR, ovvero rintracciabilità, accessibilità, interoperabilità e riutilizzabilità dei registri di dati sanitari, in modo da stabilire regole comuni per gli scambi a fini di ricerca e di elaborazione di politiche in ambito sanitario.