In ghingheri a parlare di guerra.
Rimango sempre colpito, avvolto da una strana sensazione, nel vedere i salotti televisivi pieni di gente elegante che parla di guerra. Una distanza già visiva tra la crudeltà e il dramma di un conflitto e l’agiatezza del mondo occidentale, che rende la discussione già a primo impatto poco credibile.
Su comode poltrone, al caldo, ci si permette di fare analisi e dare soluzioni al conflitto, senza avere poi chissà quale conoscenza dell’argomento. A Risikare e anche rosicare di scelte politiche e strategiche messe in campo dagli uomini e dalle nazioni coinvolte. Un dibattito a tratti surreale che si spoglia di molta umanità.
Sembra in alcuni momenti di stare nella sala fumatori del Titanic, dove, dopo una cena a dir poco sontuosa, i nobili si recavano per parlare dei massimi sistemi. Uno spazio leggero, dove chiunque poteva dire la sua, sorseggiando un pò di whisky e fumando un sigaro, alternando temi più seri a risate e momenti di spensieratezza. Il problema è che chi parla in questi talk show televisivi sono uomini che per il loro potere e la loro influenza possono condizionare la natura degli eventi.
Non rientrano in questo scenario Alessandro Di Battista, Travaglio e pochi altri, che invece trattano sempre l’argomento con il rispetto e la serietà che merita.