Dieci trend che stanno cambiando il Non Food: dal boom dei barbecue alla rinascita delle periferie
Dei cambiamenti avvenuti nel carrello della spesa degli italiani per effetto dell’emergenza Covid-19 sappiamo (quasi) tutto. Ma come si sono modificati, invece, gli acquisti di prodotti non alimentari, dall’abbigliamento agli elettrodomestici, dai videogiochi alla telefonia, dal bricolage all’arredo casa? La risposta è nel decalogo delle tendenze e dei fenomeni di consumo che hanno caratterizzato il periodo della pandemia realizzato, per la prima volta, dall’Osservatorio Non Food 2021 di GS1 Italy in un estratto dedicato.
«Abbiamo raccolto spunti interpretativi e di analisi per aiutare la business community a conoscere sempre meglio il Non Food e a scoprire com’è cambiato e come ripensarlo alla luce dei comportamenti, delle esperienze e del riscontro dei consumatori, sui quali ha lasciato una traccia profonda la realtà mutata con cui hanno dovuto fare i conti» spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.
A rendere unico questo estratto intitolato “Non Food: le 10 tendenze. Cosa non puoi non sapere sul Non Food” non è solo l’attenta e dettaglia lettura di come le nuove tecnologie e gli eventi hanno influenzato le dinamiche di domanda e offerta, ma soprattutto la capacità di inquadrare e “mettere in rete” fenomeni e trend che spesso rimangono confinati all’interno di un singolo comparto del Non Food ma che, invece, rappresentano tendenze di fondo comuni e che impattano, in modalità diverse, tutto il mondo del largo consumo non alimentare.
Le dieci tendenze del Non Food in Italia
1. Un nuovo carrello della spesa: meno rossetti e ferri da stiro, più tagliacapelli e barbecue. La minor vita sociale ha tagliato molte esigenze degli italiani e quindi sono diminuite le spese per tanti prodotti Non Food: dai rossetti alle sneaker, dai palloni alle macchine fotografiche ai ferri da stiro. D’altro canto, la maggior vita domestica ha spronato gli acquisti di altri prodotti, come tagliacapelli, macchine per il caffè, scrivanie, barbecue, cyclette, ciabatte e stampanti. E l’home working ha imposto nuove esigenze, che hanno attutito il calo storico di alcuni comparti, come la cancelleria e il tessile casa. Da segnalare anche la riscoperta del vinile, che, dopo 19 anni, è tornato a superare i cd per valore delle vendite.
2. L’edutainment vola ed è “positivo” all’online. In cinque anni l’edutainment è passato dal 3,2% al 4,9% di incidenza sul totale dei consumi Non Food in Italia, e oltre la metà delle vendite (55,8%) è ormai realizzata online. Tra i casi di successo spiccano i libri non scolastici (+16,7% nel quinquennio), e-book (+37% nell’anno) e audiolibri (+94%). Ma le superstar dell’edutainment restano i videogiochi, che in cinque anni hanno aumentato le vendite di +180,1%. A esplodere sono stati soprattutto gli acquisti realizzati sul web, con un aumento di +417,5% nell’arco di cinque anni.
3. Il ritorno nelle vie dello shopping valorizza i centri storici. Il commercio urbano centrale resta ancora oggi il più rilevante tra le sei tipologie di agglomerazioni commerciali classificate dall’Osservatorio Non Food e, con la pandemia, ha vissuto una riscoperta da parte degli italiani. E non solo per ragioni di comodità, ma anche perché spesso ha saputo rispondere in modo più efficace alle nuove esigenze, com’è avvenuto per le grandi superfici specializzate nell’elettronica di consumo situate nei centri urbani, che hanno rimodulato assortimenti e servizi per rispondere alle nuove esigenze dettate dalla pandemia.
4. Nuovi stili di consumo e crollo del turismo straniero affossano il lusso. Il ritorno all’essenzialità e la riduzione degli acquisti voluttuari hanno penalizzato i beni di lusso. Sul luxury shopping ha avuto un impatto negativo anche il crollo del turismo straniero. Ma le ricerche sottolineano che comodità e convenienza, insieme alla ricerca di una qualità accessibile, rimarranno driver importanti nel Non Food. E questo potrebbe, quindi, favorire i factory outlet e i parchi commerciali. Ma anche sostenere il boom della second hand economy (in particolare nell’e-commerce fashion), che continua a crescere e coinvolge ormai oltre metà degli italiani.
5. Covid-19 costringe a ripensare i centri commerciali. Le misure sanitarie hanno fortemente penalizzato i centri commerciali e accelerato il processo di cambiamento di questi “contenitori”. Già prima della pandemia, avevano visto aumentare gli spazi e i servizi legati al tempo libero e all’intrattenimento, diventando sempre più spazi di aggregazione culturale e sociale. Nel post Covid-19 sarà ancora più importante innovarsi, evolvere e andare incontro alle nuove esigenze del consumatore, riposizionandosi come luoghi di ristoro ed entertainment e non solo di shopping.
6. L’e-commerce vola e conquista nuovi consumatori. Le limitazioni agli spostamenti imposti dal Covid-19, e anche i timori sanitari, hanno spinto l’e-commerce, che non ha solo aumentato le vendite ma anche avvicinato molti nuovi user. Le vendite online hanno guadagnato quota e valore in tutti i comparti del Non Food, con performance di spicco nell’elettronica di consumo (e in particolare nella telefonia, dove sono aumentate di oltre il 74% in un anno), nel tessile (+44,4%) e nella profumeria (+40,4%). E nei piccoli elettrodomestici il web è diventato il primo canale di vendita con il 40,4% di quota a valore.
7. La distribuzione “alternativa” conquista per la sua comodità. Accelera la crescita delle forme di distribuzione alternativa, come le vendite a domicilio o per corrispondenza, e quelle realizzate nei distributori automatici e nelle cosiddette “tabelle speciali” (come tabaccherie, stazioni di carburanti e farmacie). E cambiano anche i prodotti acquistati. Con la pandemia sono aumentati i prodotti legati all’igiene personale, seguiti dagli accessori per la telefonia, comprati nella distribuzione automatica, mentre le edicole hanno trovato nuova linfa nei giocattoli.
8. I “personal shopper” salvano i punti vendita fisici. Negozi di ottica e computer shop, mobilifici e ferramenta, garden center e autofficine: sono alcuni dei negozi specializzati che stanno dimostrando di saper resistere all’evoluzione dei consumi non alimentari degli italiani. A loro favore giocano la presenza capillare sul territorio nazionale (anche nei centri più piccoli), l’elevato livello di servizio, la riconosciuta professionalità e la flessibilità dei costi. Inoltre, svolgono un ruolo di rassicurazione sia in fase di scelta d’acquisto sia come assistenza nel post-vendita, grazie alla competenza del personale e alla consulenza che garantiscono, alla pari di quanto fanno i personal shopper nel mondo del lusso.
9. Effetto home working: la riscossa delle periferie e dei piccoli centri. Uffici chiusi, lavoro da casa o, comunque, da remoto: una novità che ha penalizzato le attività commerciali nei business district (urbani e non) e che ha ripopolato i quartieri residenziali, le periferie e, in genere, tutta la provincia italiana. Il permanere dello smart working potrebbe portare alla rivitalizzazione stabile dei centri di minori dimensioni e, quindi, far diventare interessanti anche location decentrate rispetto alle grandi città. In questo contesto anche le polarità commerciali extraurbane e le periferie metropolitane potrebbero cogliere l’occasione per rafforzare la propria posizione competitiva.
10. Tutti sui social, tra blogger e influencer. Sono internauti 88 italiani over 14 su 100. E amano soprattutto i social, in particolare nella fascia dei cosiddetti “digital rooted” (11% della popolazione), che sono i più tecnologici, i più dediti all’e-commerce e anche i più sensibili ai suggerimenti di influencer. Un trend che i retailer del Non Food hanno ben intercettato, come conferma il focus dell’Osservatorio Non Food sull’utilizzo dei principali social network da parte delle insegne della distribuzione moderna non alimentare. Emblematici sono i casi dell’ottica e dei libri non scolastici dove l’aumento delle vendite online è stato sostenuto da influencer e blogger, grazie alla loro attività e al loro seguito sui social.