2° classificato alla prima edizione di “Una storia per il cinema”: intervista esclusiva a Fabio, autore di “Annunziata”
Abbiamo chiesto a Fabio, autore di “Annunziata”, di raccontarci la sua esperienza in relazione al concorso editoriale “Una storia per il cinema”.
Il libro è infatti risultato secondo classificato alla prima edizione: il premio é stato la realizzazione di un cortometraggio.
Parlando di Lei, sappiamo che è docente in una scuola di Cesenatico e ha studiato all’estero. Cosa le ha lasciato l’esperienza formativa in Spagna?
Molta nostalgia e qualche rimpianto per non esservi rimasto visto il trattamento in Italia. A parte questo, devo dire che le mie esperienze di ricercatore hanno lasciato traccia nelle pubblicazioni internazionali pur non favorendomi nella carriera.
Per quanto riguarda il romanzo “Annunziata”, l’attività di ricerca svolta all’estero mi ha aiutato a ricostruire la vicenda, avvalendomi di documenti originali. Il caso ha voluto che questa storia restasse nel cassetto della scrivania di mio padre, dopo la sua morte. Il faldone degli atti di un processo sepolti per anni insieme alla vittima, la protagonista.
Lei dice bene. La mia esperienza formativa nasce in Spagna o Ispano America e muore in Italia, ma non definitivamente per fortuna. Perché oltre all’immobilità delle sue istituzioni scolastiche, così ben descritta da Galli della Loggia in “L’aula vuota”, nel nostro paese permane una pervicace e spontanea passione per la bellezza che anima ambienti sotterranei, lontano dalle luci della ribalta ma profondi e tellurici come il magma dei vulcani. E uno di questi circoli virtuosi mi ha permesso di far uscire il romanzo dall’oscurità. Ha vinto il secondo premio della prima edizione di UNA STORIA PER IL CINEMA. Un cortometraggio.
In realtà questo concorso è già alla quarta edizione e sta rivelandosi una delle migliori opportunità per scrittori ed artisti del cinema al momento di interagire in modo creativo. I risultati non mancano.
Sappiamo che ” Annunziata ” ha un significato profondo per lei. Come è nato il progetto?
Come dicevo, la storia vera della protagonista giaceva nel fondo del cassetto della scrivania di mio padre, che poi se ne andò con l’Alzheimer. Indagando sulle origini della sua famiglia si imbatté negli atti del processo.
La cosa strana è che io stesso mi occupavo di vittime in quell’epoca. Fui testimone, dentro Sarajevo, dei giorni terribili del genocidio di Srebrenica. Ma né io né mio padre sapevamo ancora che lo stesso trattamento era stato riservato a una nostra familiare, in un altro tempo.
Mi sono sempre battuto per difendere la memoria dei terribili fatti di Srebrenica, nei miei scritti. Ma quando ho trovato il faldone sul crimine di Annunziata mi è parso come un segno del destino. Questa mia prozia è diventata l’emblema di tutte le vittime dimenticate cui avevo cercato di dare voce in “Un colpo d’ali”, “Sarajevo non dovevamo”, e lo stesso Diario di guerra, allora pubblicato come corrispondenza su un periodico locale ma che non ha mai trovato un editore, qui in Italia, sebbene estremamente attuale a fronte degli avvenimenti in Ucraina. Come d’altronde è successo per Annunziata, tradotto e poi pubblicato solo da un editore spagnolo.
Possiamo dire che la figura di Annunziata rappresenti anche alcune donne di oggi?
Sì, certamente. Ma si guardi bene, solo alcune. Chi avesse la voglia di leggere la storia scoprirebbe che ci sono ben altre donne che non le somigliano proprio perché: “chi dice che la guerra la fanno solo gli uomini si sbaglia, cambia solo nelle modalità”.
È la frase del romanzo che la regista ha citato nel cortometraggio. Monica Carpanese ha saputo cogliere l’essenza di quello che in Spagna entrerebbe a buon diritto nella tradizione della Novela corta. Narrativa breve che non manca affatto di complessità anzi, Lo bueno, si breve, dos veces bueno ( il buono, se breve, due volte buono) è il lemma della collana scelta dall’editore spagnolo.
Per la regista, l’arte della brevità nella rappresentazione si è fatta assoluta necessità, trattandosi di un corto. Ed è riuscita, con un piccolo colpo di genio, come lo chiama Valentina Innocenti (altro pilastro di questo circolo virtuoso), a restituire la figura di mio padre nella commovente interpretazione di Mario Anaclerio.
Annunziata è molte donne ma, soprattutto, è la prima del progetto di questa brava regista, attrice e sceneggiatrice che vuole mettere al centro della scena persone che hanno fatto la nostra Storia, pur essendone state buttate ai margini. In un momento in cui la Storia è più che mai oggetto di rilettura, la cultura e l’arte hanno qualcosa da dire di veramente originale. E questo è il progetto di Monica Carpanese, nel quale Annunziata si inserisce come un cameo.
Come descriverebbe la sua storia con un solo aggettivo?
Parlando di cinema direi “rediviva”. Ha presente il film Revenant?
L’analogia è quanto mai evidente nella vicenda concreta. Cito dal romanzo:
Il tenente si fece largo tra le divise, gli impermeabili e guardò là dove tutti fissavano. Effettivamente, di tutti quei morti ce n’era uno che non ne aveva proprio voluto sapere di restare sepolto e dimenticato. E si può ben dire che si erano mossi cielo e terra per venirlo a tirare fuori. Un povero piede umano, martoriato, spuntava da tutto quel fango, come una radice sporca spezzata dalle vanghe.
Perché ha ritenuto che il suo libro potesse essere adatto al concorso letterario Una Storia per il Cinema?
Perché praticamente l’ho visto mentre quasi si scriveva da solo. Vicende che toccano così da vicino sono sempre quantomai universali ed hanno una tale impellenza da trascinare chi scrive tanto quanto chi le ascolta. Il fatto è che fatti come questi creano imbarazzo in un paese come il nostro, come fu per le Foibe. E questo è ancor più vero per me che sono nato in un territorio definito il triangolo della morte, nel primo dopoguerra. Ma ha detto bene qualcuno, non ricordo se lo stesso Presidente della Repubblica mentre rendeva omaggio alle vittime: “Le foibe non sono né di destra né di sinistra”. Hanno solo il colore del sangue delle vittime, come nel film Red land.
Progetti da mettere in atto nel corrente 2023?
Questo libro si apre con le parole: Aveva ormai rinunciato a scrivere. Quindi i miei progetti dovrebbero riguardare il perché della rinuncia a questa rinuncia.
A parte gli scherzi, è da tempo che vengo meditando sul famelico bisogno del pubblico di farsi spaventare a morte per divertirsi, salvo poi non prestare il minimo interesse alle cose reali che davvero dovrebbero spaventarlo. In Never, per esempio, un ottimo conoscitore della Storia come Ken Follet ci mette in guardia riguardo il pericolo che con le guerre attuali si fa sempre più vicino. Eppure, non ha suscitato grande scalpore.
Personalmente, non ho mai avuto bisogno di scostarmi troppo dalla realtà per scrivere storie ma comincio a sospettare che l’orizzonte d’attesa dei lettori sia sempre più determinato dalla cultura della disattenzione. I miei progetti mirano a sfruttare questa morbosa curiosità per riportare chi legge sul piano della realtà. Magari imparando a riconoscere i cosiddetti “distrattori di massa”.