Casa dolce casa, in Italia sono vecchie e disabitate
Istat: una su tre non ha residenti. Enea, immobili da efficientare
La storia di un paese si legge sulle sue case e quelle italiane raccontano tutta l’antichità della nostra penisola. Le abitazioni vecchie sono tante: il 56,3% è stato costruito nella seconda metà del secolo scorso, mentre il 9,5% ha più di cento anni. A scattare la fotografia è il rapporto “Today Abitazioni” di Istat, che elabora dati in base al censimento del 2021 e segnala anche che una casa su tre non ha un residente. Ad avere gli edifici più longevi è la Liguria, dove quasi la metà delle abitazioni occupate è stata costruita prima degli anni Sessanta. La seguono Toscana e Piemonte. Le case ultracentenarie, invece, si trovano soprattutto a Torino, Roma, Milano e Napoli. Un dato, questo, che diventa allarmante se letto in relazione al problema dell’efficientamento energetico delle abitazioni. Il report “La consistenza del parco immobiliare nazionale”, dell’agenzia per l’energia Enea, ha sottolineato che il 60% delle case italiane è stato realizzato prima del 1976, quando entrò in vigore la legge sul risparmio energetico. Lo stesso vale per il 12% degli edifici non residenziali. Si tratta di un’ampia quantità di immobili obsoleti dal punto di vista energetico, che richiederanno un grande sforzo per raggiungere gli standard di prestazioni richiesti dagli accordi europei che con una prima tappa nel 2030 punta alla neutralità climatica degli edifici nel 2050. Ma un altro dato emerge dal censimento. In Italia le case nuove, costruite a partire dal 2006, sono poche e scarsamente abitate: la maggior parte delle persone risiede in abitazioni costruite tra gli anni Sessanta e Ottanta. Il report di Istat evidenzia poi altri primati: Roma è la città con più case in tutta Italia. Solo l’area metropolitana della capitale contiene il 6,4% delle abitazioni censite a livello nazionale, seguita da Milano e Napoli. Prato, invece, è la città con la percentuale più alta di case abitate da almeno un residente: il 92,2%, contro una media nazionale del 72,8%. Ciò significa che in Italia quasi una casa su tre (il 27,2%) non è occupata o comunque non viene usata da persone residenti. Il fenomeno si acutizza in alcune regioni. La Valle d’Aosta è in testa, seguita dalle isole e dal sud. Ma i dati sono comunque migliori di dieci anni fa: le abitazioni popolate sono aumentate del 6,4% in dieci anni, tra il 2011 e il 2021. A cambiare nel corso del tempo è stata anche la superficie abitata pro capite. Nell’arco di un decennio gli italiani si sono allargati: nel 2011 ogni residente disponeva in media di 40,7 metri quadrati, che sono diventati 44,3 nel 2021. Ma il valore oscilla lungo la penisola: nel Nord-Est, dove le case sono anche più grandi, la superficie per ciascun abitante aumenta, mentre nel Sud scende sotto la media. Va tenuto presente che la maggior parte delle persone oggi vive in residenze abbastanza spaziose, tra gli 80 e i 99 metri quadrati, mentre quelle piccole sono molto meno occupate. La Lombardia, infine, è la regione con la più alta concentrazione di case: ce ne sono 234,7 per ogni chilometro quadrato, il doppio rispetto alla media nazionale di 116,8. Così se al Sud si vive più stretti, al Nord si abita di certo più vicini.