Rosi Brescia…
Rosi Brescia nasce il 21 Novembre del 1962 a Oliena (Nu).
Figlia primogenita di un milite dell’Arma, trascorre la sua bella infanzia in Umbria e poi in Lucania.
A quattordici anni l’accoglie la Puglia, precisamente Monopoli, dov’è radicata la famiglia Brescia.
Sono tutti questi luoghi, i colori, i suoni, idiomi, le persone incontrate, conosciute, le mille storie ascoltate a portarla fin da piccola a esprimere la sua inventiva sul foglio di carta… una novelletta per Giocagiò, programma televisivo di fine anni Sessanta, è il suo primo tentativo di narrazione.
Da ventisei anni è moglie di Ciro, suo coetaneo, e madre di Liliana, figlia desiderata da sempre, che la incoraggia in questa passione.
Benvenuta Rosi. Ti è mai capitato di gridare “Mai più!”?
Interiormente senz’altro… in cinquantasette anni di vita di cose ne capitano. Per mia fortuna non è mai stato necessario un grido esteriore vieppiù liberatorio ma disperato.
L’indipendenza ha un suo perché dovendo riflettere spesso e volentieri su se stessi?
L’indipendenza e la libertà personale vengono di conseguenza alla consapevolezza di sé, alla conoscenza del nostro Io più profondo… quindi sì.
Quale segno particolare ti affascina maggiormente di una persona timida? E di una che timida non lo è assolutamente?
Di una persona timida mi incuriosisce ciò che non dice a parole, e allora è necessario guardare i segnali che manda il corpo, la postura etc. Personalmente tendo a lasciare lo spazio necessario affinché la persona timida possa, se vuole, aver fiducia e aprirsi. Della persona “non timida” ho un certo timore poiché le esperienze della vita mi hanno insegnato che un certo tipo di sfacciataggine nasconde tantissime cose… spesso molto più difficili da interpretare.
In amore tutto è possibile, anche virtualizzarsi?
L’amore tutto muove, essendo sempre sconosciuto. Trattasi del sentimento più cantato e poetato. Credo profondamente nella sua assoluta potenza. Virtualizzare l’amore è possibile e spesso necessario quando si trasforma in amore spirituale per concezione universale… solo in questo caso ne ammetto l’importanza, cioè di amare tutti pur non conoscendo tutti.
Come si salva il valore della Famiglia?
Perpetuando il quotidiano, ovvero facendo in modo che la famiglia e il suo concetto tradizionale abbia spazio nel quotidiano. Dobbiamo trovarlo.
Un’emozione senza punto esclamativo diventa illeggibile? La parola, non è che si sta rischiando di usarla violentemente per farla tornare importante?
Credo nell’empatia della parola, quando uno scritto mi prende (che sia mio o non) e leggo e rileggo (l’importanza della rilettura) ci entro dentro e la sento mia… alla fine non trovare un punto esclamativo potrebbe non importarmi. Usare violentemente la parola per far sensazione non mi interessa e non di rado mi rifiuto di leggere ( o di continuare nella lettura) testi che mi danno un senso di malessere interiore profondo.
Lavori molto per creare un’opera letteraria? E se sì, come reagisci alle critiche quando sono negative?
Per scrivere i miei due romanzi finora editi ci ho messo più o meno un anno ciascuno. Non so se sia poco o molto, non me ne preoccupo, è talmente un piacere scrivere! Le critiche negative? Se sono corrette, ovvero se chi le ha scritte mi dimostra di aver assorbito i miei testi, le accetto e ringrazio. Se sono, se sento che sono superficiali, tanto per scrivere e screditare, beh, non mi fanno piacere, ma non mi sono mai opposta.
Mi descrivi la libreria dei tuoi sogni? Ti relazioni meglio con gli scrittori o coi lettori?
La libreria dei miei sogni è una vecchia libreria. Mi spiego: una dove il sentore di carta stampata la fa da padrone, con piccoli libri sconosciuti, tutti da scoprire, da amare, da leggere. Il mio rapporto con i lettori è molto forte, bello e intenso, mi piace ascoltarli, capire cosa li ha colpiti… ed è capitato che mi aspettino sotto casa per dirmi grazie, è fantastico! Gli scrittori che conosco, non tantissimi in verità, mi hanno sempre fatto sentire accolta, ben accolta, quindi il rapporto è positivo senza dubbio!
Hai sempre avuto a che fare con editori seri?
Argomento spinoso, gli editori…! Col primo sono caduta malissimo, l’ho capito dopo un po’ di tempo. Tante chiacchere e basta. Naturalmente a pagamento, in contanti, tantissime promesse tutte inattese! Poi, grazie a un amico, ho conosciuto il self-publishing su Amazon e mi sono sentita libera. Però… un editore è fondamentale, poiché Amazon non è una persona fisica, non dà consigli, stampa e basta. Meno di un anno fa mi sono affidata alla Pedrazzi Editore che ha provveduto, gratuitamente, a rieditare il mio primo romanzo, facendo un accurato editing, grafica nuova e così via. Ora mi sento apposto: buone iniziative, consigli avveduti e rapporto amicale!
Leggendo “All’amore non si sfugge”…
Si comincia col soddisfacimento degli appetiti a fine giornata, in famiglia, per cui v’è il maschio di casa agognato dalla consorte a suo tempo, e che accettò di recitare questa parte, dal bell’aspetto giacché ligio al dovere di ricorrere alle armi per amor della patria… un uomo da sogno Antonio, facente palpitare i cuori delle comari della sua metà, alquanto rosicanti per l’appunto.
Carolina non poteva sopperire a qualsiasi delusione per dimostrare di fare parte di un nucleo familiare compatto in nome del buon Dio, come se ragionando al femminile fosse più che normale ristabilire un legame con l’incapacità di attribsuirsi dello sdegno aumentandolo così, dovendo fare i conti con qualsiasi gravame in isolamento; con un trasporto emotivo sempre inconciliabile.
In fondo la donna era consapevole di un marasma sentimentale dovuto da troppe questioni in sospeso da caricarsi sulle spalle, ma a quanto pare la sorte l’aggrazia permettendole di riflettersi in buona parte di codeste almeno; disquisendo per la prima volta con una mamma come a voler concedere poi a una figlia di ripulirsi dentro, stimolate soprattutto dall’incontenibile gioia che il piccolo Matteo esprime, preso dall’atmosfera natalizia.
L’umano agire si manifesta nell’ordinarietà delle cose, potendo preservare la bontà d’animo; e trattasi di una dichiarazione densa d’ansie evitabilissime in presenza dei minori, nient’altro che innocenti, essendo quest’ultimi in grado di risollevarsi, come nel caso di Matteo, non tradendo la loro autenticità, spiazzando gli adulti con una e più osservazioni che brillano in un paio d’occhi da spalancare assolutamente.
Adriano irrompe innanzitutto con il compito di sedare gli animi, dacché solito a girare intorno alla psiche di soggetti conficcati in pesanti tenute mimetiche; ma con particolare riguardo verso Antonio, a tal punto da diventare amici e favorirlo volutamente e necessariamente, chiedendosi come mai un uomo inflessibile e possente possa rimanere assillato da dubbi che non si precostituiscono.
Nel corso del romanzo il tentativo di stirare le pieghe causate presumibilmente dalla malafede non appena evidenziato riporta i protagonisti sul punto d’isolarsi e sprofondare nell’eternità di un gesto, costretti quasi a essere consci della realtà non per intero… la curiosità infiamma animi propensi ad accettare una sorta d’ingenuità che definire lapidaria significherebbe non rivoluzionare un immaginario totalizzante.
Una soluzione di continuità che Carolina, distante km e km dal capitano Adriano Monte, provava a ristabilire, con la fede che le permetteva eccome di avvicinarsi a suo papà Giacomo, per chiedergli di darle una mano; quando si percepisce la solitudine penosamente, di uno e più respiri visibili con la pelle resasi trasparente e la passione circolante nelle vene ma vana se l’essere vivente si lascia travolgere da una confessione che non si concretizza se inascoltata.
Carol era fondamentalmente, interiormente conscia dell’esistenza di un elemento straordinario, che facesse scoccare la scintilla in amore, tenendo conto del desiderio di venire tutelata al fine di esprimersi con passione, e senza preoccuparsi più di quelle fitte dorsali, che la sfibravano, e cioè del ricordo lasciatole dall’ex… sempre a pelle, nonostante la modernità alludesse alla comunicazione virtuale per principio, che sarebbe tornata utile per riavvicinarsi ad Adriano piuttosto.
Sensibili tessere di mosaico combaciano alla fine con il virtuosismo degli affetti nuovi, che provenendo dall’esterno schiariscono quegli che non si potevano non ritenere intramontabili… ne consegue l’immensità di dichiarazioni nient’affatto ambigue, più forti del destino… un dono nuovamente natalizio, la cui importanza forma nell’intimo persone costrette a radicarsi nelle scelte di vita, piacevoli se compiute cautamente.
Tecnicamente, per il lettore v’è un pensiero dominante su cui ci s’indora o ci si appassiona, con quel particolare interesse per il conformismo.
Intervengono figure e atmosfere d’attendibilità sociologica, e comunque vengono tracciati dei profili con familiarità e imprendibilità per momenti essenziali e scorrevoli.
Quando il dialogo tra i personaggi incalza, ecco che l’intensità del romanzo si rende visionaria e realista.
Umori velati riconducono a un’amarezza intimistica, grazie a una scrittura semplice, che va dritta al punto.
Una specie di geografia degl’interni assume compattezza d’unicità, Rosi Brescia riesce a romanzarla in una forma leggibile e piacevole.
La discesa negli abissi mentali verte su di un’apologia morale, meccanica… certe domande si possono moltiplicare cercando dentro le risposte con garbo e malinconia.
La riflessione diventa toccante dato il mood di esperienze aventi confini da esplorare.
Tra disillusioni, cadute, speranze e ammiccamenti i moti dell’anima, alquanto sommessi, comportano l’attraversamento esistenziale, respirando un’atmosfera col piacere della lettura d’agevolare e arricchire.
Nel fluire di ciò che accade paiono galleggiare occasioni da far scattare, e quindi storie e destini che chiedono d’essere ascoltati.
Testo dalla costruzione accurata, d’impianto oserei dire televisivo… grazie allo sviluppo coerente della trama cose stabili e forti si prendono solamente il potere delle emozioni.
Le figure non stonano, specialmente quando il clima rimanda a sospetti e conflitti.
Appurata l’incisività degli sfondi con l’occhio per la bella immagine, vivibilità e coloratezza permangono coi trucchi retorici.
La struttura della narrazione è a tutto tondo, il linguaggio si adatta alla storia che si racconta.